Tendenze
Il Boss? Meglio se in incognito
Alzi la mano chi non ha mai sognato, almeno per una volta, di vedere il proprio capo sporcarsi le mani e sgobbare in ufficio, dietro al bancone o in cantiere. Un desiderio finalmente realizzato dalla serie Undercover Boss ideata nel 2009 da Stephen Lambert per l’emittente britannica Channel 4 e riproposta in questi giorni dal canale Real Time e nella sua versione italiana da Rai 2 con Boss in incognito.
BOSS IN INCOGNITO – Un successo mondiale dovuto anche ad un format semplice e di immediato impatto sul pubblico: prendete un dirigente di una grossa azienda (the boss per l’appunto) camuffatelo, infiltratelo nella propria impresa a lavorare per sette giorni a stretto contatto con i suoi dipendenti e il gioco è fatto.
Il risultato è una serie interessante portatrice di atmosfere tipicamente dickensiane con il boss/Scrooge che, a contatto con gli umili lavoratori (proletaria versione dei fantasmi del racconto di Dickens) e le loro vicende di vita spesso commoventi e toccanti, finirà la settimana in incognito profondamente cambiato nell’animo. Un cambiamento che ha il suo culmine nel finale di puntata con la “confessione” circa la propria vera identità agli, fino ad allora, ignari dipendenti e l’elargizione di buone opere (sotto forma di denaro, opportunità, premi come vacanze) volte a riabilitare il boss/Scrooge come nel famoso racconto di Dickens.
Proprio questo filo conduttore riscontrabile in tutte le puntate (almeno nella versione USA) costituito dalla presenza di “casi umani” in tutti i dipendenti che si ritrovano a lavorare, a loro insaputa (ne siamo poi così certi?), col boss e l’elargizione finale di “benefit” costituiscono il limite della serie, facendo sorgere il dubbio (assai lecito) che il tutto sia preparato a tavolino al fine di promuovere l’azienda, e il boss, di turno in un periodo di crisi economica globale.
